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martedì 29 marzo 2011

Prince Charming? No Grazie!

Ebbene si, come tutte le ragazze da bambina ho sempre sognato di incontrare il mio Principe Azzurro, rigorosamente alto, biondo e perfetto; l'ho cercato ovunque ma senza risultato, pare che non ce ne siano in vendita...  Però diciamocelo, crescendo le speranze diminuiscono e ti rendi conto che, nonostante tutto, il Principe Azzurro non è ciò di cui hai bisogno... Allora inizi a cercare qualcosa di diverso, poi un giorno ti imbatti in "Pride and Prejudice", capolavoro della scrittrice inglese Jane Austen, e non puoi che essere rapita dal personaggio di Mr. Darcy, complesso e affascinante e che, con tutti i suoi dubbi e lotte interiori si avvicina molto di più al mondo reale facendoti capire quanto l'ideale di perfezione che avevi da bambina fosse finto e stucchevole.

Per rendere onore al romanzo, che è uno dei miei preferiti, ho pensato di cercare di delineare, attraverso dei video tratti dallo sceneggiato della BBC con Colin Firth e Jennifer Ehle, la psicologia di questo personaggio meraviglioso a partire dal suo primo incontro con Elizabeth...








































mercoledì 16 marzo 2011

"Si tu viens, par exemple, à quatre heures de l'après-midi, dès trois heures je commencerai d'être heureux."

-Non, dit le petit prince. Je cherche des amis. Qu'est-ce que signifie "apprivoiser" ?
- C'est une chose trop oubliée, dit le renard. Ça signifie "créer des liens..."
- Créer des liens ?
- Bien sûr, dit le renard. Tu n'es encore pour moi qu'un petit garçon tout semblable à cent mille petits garçons. Et je n'ai pas besoin de toi. Et tu n'as pas besoin de moi non plus. Je ne suis pour toi qu'un renard semblable à cent mille renards. Mais, si tu m'apprivoises, nous aurons besoin l'un de l'autre. Tu seras pour moi unique au monde. Je serai pour toi unique au monde...
- Je commence à comprendre, dit le petit prince. Il y a une fleur... je crois qu'elle m'a apprivoisé...
- C'est possible, dit le renard. On voit sur la Terre toutes sortes de choses...
- Oh! ce n'est pas sur la Terre, dit le petit prince.
Le renard parut très intrigué :
- Sur une autre planète ?
- Oui.
- Il y a des chasseurs, sur cette planète-là ?
- Non.
- Ça, c'est intéressant ! Et des poules ?
- Non.
- Rien n'est parfait, soupira le renard.
Mais le renard revint à son idée:
- Ma vie est monotone. Je chasse les poules, les hommes me chassent. Toutes les poules se ressemblent, et tous les hommes se ressemblent. Je m'ennuie donc un peu. Mais, si tu m'apprivoises, ma vie sera comme ensoleillée. Je connaîtrai un bruit de pas qui sera différent de tous les autres. Les autres pas me font rentrer sous terre. Le tien m'appellera hors du terrier, comme une musique. Et puis regarde ! Tu vois, là-bas, les champs de blé ? Je ne mange pas de pain. Le blé pour moi est inutile. Les champs de blé ne me rappellent rien. Et ça, c'est triste ! Mais tu as des cheveux couleur d'or. Alors ce sera merveilleux quand tu m'auras apprivoisé ! Le blé, qui est doré, me fera souvenir de toi. Et j'aimerai le bruit du vent dans le blé...
Le renard se tut et regarda longtemps le petit prince:
- S'il te plaît... apprivoise-moi ! dit-il.
- Je veux bien, répondit le petit prince, mais je n'ai pas beaucoup de temps. J'ai des amis à découvrir et beaucoup de choses à connaître.
- On ne connaît que les choses que l'on apprivoise, dit le renard. Les hommes n'ont plus le temps de rien connaître. Ils achètent des choses toutes faites chez les marchands. Mais comme il n'existe point de marchands d'amis, les hommes n'ont plus d'amis. Si tu veux un ami, apprivoise-moi !
- Que faut-il faire? dit le petit prince.
- Il faut être très patient, répondit le renard. Tu t'assoiras d'abord un peu loin de moi, comme ça, dans l'herbe. Je te regarderai du coin de l'œil et tu ne diras rien. Le langage est source de malentendus. Mais, chaque jour, tu pourras t'asseoir un peu plus près...
Le lendemain revint le petit prince.
- Il eût mieux valu revenir à la même heure, dit le renard. Si tu viens, par exemple, à quatre heures de l'après-midi, dès trois heures je commencerai d'être heureux. Plus l'heure avancera, plus je me sentirai heureux. A quatre heures, déjà, je m'agiterai et m'inquiéterai; je découvrirai le prix du bonheur ! Mais si tu viens n'importe quand, je ne saurai jamais à quelle heure m'habiller le cœur... Il faut des rites.
- Qu'est-ce qu'un rite ? dit le petit prince.
- C'est aussi quelque chose de trop oublié, dit le renard. C'est ce qui fait qu'un jour est différent des autres jours, une heure, des autres heures. Il y a un rite, par exemple, chez mes chasseurs. Ils dansent le jeudi avec les filles du village. Alors le jeudi est jour merveilleux ! Je vais me promener jusqu'à la vigne. Si les chasseurs dansaient n'importe quand, les jours se ressembleraient tous, et je n'aurais point de vacances.
Ainsi le petit prince apprivoisa le renard. Et quand l'heure du départ fut proche:
- Ah! dit le renard... Je pleurerai.
- C'est ta faute, dit le petit prince, je ne te souhaitais point de mal, mais tu as voulu que je t'apprivoise...

sabato 12 marzo 2011

"Immagino che sia proprio così la vita. Una lunga catena di attimi. E immagino che tutto ciò che si può fare è cercare di viverli uno per uno, senza star troppo a pensare a quelli appena trascorsi o che stanno per arrivare..."

"The Horse Whisperer"


Riordinando la libreria oggi è spuntato fuori questo romanzo, uno di quelli a cui sono più affezionata, e ho quindi deciso di parlarne qui nel blog...
"L'uomo che sussurrava ai cavalli",  pubblicato nel 1995, è il primo romanzo del giornalista, sceneggiatore e produttore inglese Nicholas Evans.


La protagonista della storia è Grace, una ragazzina con una grande passione per l'equitazione e legata al suo cavallo, Pilgrim, da un rapporto molto speciale.
Una mattina d'inverno, dopo una nevicata, Grace e la sua migliore amica, Judith, cavalcando, scivolano su una lastra di ghiaccio e vengono investite da un camion; l'impatto è traumatico, Judith e il proprio cavallo non sopravvivono mentre Grace e Pilgrim riportano, in seguito all'incidente, gravi danni fisici e psicologici. Alla ragazza viene amputata una gamba, e ciò comporta un grave shock che la fa piombare in una sorta di apatia e di indifferenza alla vita; il cavallo deve invece essere sottoposto a vari interventi chirurgici e sembra preda di un'oscura follia che si riflette sul suo divenire pericoloso e inavvicinabile. Annie, donna in carriera e madre di Grace, capisce che il destino della figlia è indissolubilmente legato a quello di Pilgrim e , durante le sue ricerche in biblioteca, scopre l'esistenza di "uomini capaci di sussurrare ai cavalli", una sorta di guaritori. La donna riesce a entrare in contatto con uno di essi, Tom Booker e attraversa il continente con la figlia per convincerlo ad occuparsi di Pilgrim; inizialmente Tom nega il suo aiuto ad Annie che, abituata ad ottenere ciò che vuole, si trasferisce nel paese più vicino alla fattoria di Tom continuando a chiederne l'aiuto. 
Tom non riesce a lungo a respingere la sua richiesta, si instaura così uno stretto rapporto fra i vari personaggi; in un primo momento Grace non si mostra collaborativa, è anzi ostile, guardinga, solo dopo diverso tempo Tom riesce a guadagnarsi la sua fiducia e a stabilire un forte legame con lei e con Pilgrim. Il percorso che porta a ristabilire  l'armonia che si era perduta fra la ragazza e il suo adorato cavallo è lungo e pieno di difficoltà, una delle quali è costituita  dalla relazione che viene a crearsi fra Tom ed Annie. 
 I sentimenti e le condizioni psicologiche dei protagonisti sono analizzati e descritti nel dettaglio, la capacità di scrittura di Evans sta proprio, a mio parere, nel riuscire a esplorare così nel profondo l'interiorità dei personaggi e a rendere ogni sensazione con grande efficacia. Sebbene la trama sembri descrivere una storia semplice, o forse anche banale, l'attenzione ai particolari e il tipo di scrittura, diretto e scorrevole, riescono a dar vita ad un romanzo coinvolgente e toccante ma non melenso e scontato. Degne di nota sono anche le descrizioni paesaggistiche.
Dalla storia narrata da Evans,  nel 1998, è stato tratto anche un film, probabilmente più conosciuto del romanzo, diretto e inerpretato da Robert Redford. Nonstante le ottime capacità recitative di Redford,capace di dar vita al personaggio profondo e complicato di Tom Booker, il film non riesce a rendere le sensazioni e le emozioni del romanzo, che viene in molti punti stravolto alterando, in parte, il senso della storia.


"A volte quella che sembra una resa non lo è affatto. È qualcosa che avviene nel profondo del nostro cuore. Significa vedere con chiarezza di cosa è fatta la vita, accettarla e viverla con coerenza, qualunque siano le conseguenze, perché il dolore che proveremmo decidendo di non viverla sarebbe molto, molto peggiore."

giovedì 10 marzo 2011

_Sonnet 116_

Let me not to the marriage of true minds 
Admit impediments; love is not love 
Which alters when it alteration finds, 
Or bends with the remover to remove: 
O, no, it is an ever-fixed mark 
That looks on tempests and is never shaken; 
It is the star to every wand'ring bark, 
Whose worth's unknown, although his height be taken. 
Love's not Time's fool, though rosy lips and cheeks 
Within his bending sickle's compass come; 
Love alters not with his brief hours and weeks, 
But bears it out even to the edge of doom. 
If this be error and upon me proved, 
I never writ, nor no man ever loved. 

William Shakespeare, Sonnet 116



martedì 8 marzo 2011

"Dear Leonard, to look life in the face, always to look life in the face and to know it for what it is. At last to know it, to love it for what it is, and then, to put it away. Leonard, always the years between us. Always the years, always the love, always the hours..."

Dearest, 
I feel certain I am going 
mad again: I feel we can't go 
through another of these terrible times.
And I shant recover this time. I begin 
to hear voices and can't concentrate. 
So I'm doing what seems to be the best thing to do. You have 
given me the greatest possible happiness. You 
have been in every way all that anyone 
could be. I don't think two 
people could have been happier till
this terrible disease came. I can't
fight it any longer, I know that I am 
spoiling your life, that without me you 
could work. And you will, I know. 
You see, I can't even write this properly. I
can't read. What I want to say is that 
I owe all the happiness of my life to you. 
You have been entirely patient with me and 
incredibly good.  I want to say that -
everybody knows it. If anybody could 
have saved me it would have been you. 
Everything is gone from me but the 
certainty of your goodness. I 
can't go on spoiling your life any longer. I don't think two people 
could have been happier than we have been.


V.